“Quando l’urlo s’alzera, tutto il mondo esploderà..
Lotteremo sino alla morte, difendendo i nostri color..
Che ci viene dal profondo del cuor..”
Questa è una delle poche canzoni del tifo rossoazzurro sopravvissute al passare degli anni e delle generazioni. Una canzone che mette i brividi al sol pensiero di quante migliaia di persone nel corso degli ultimi 35 anni l’hanno cantata, ognuno con la propria storia, con le proprie speranze, con la propria passione.
È una canzone talmente sacra che quando la Curva Nord la canta il cielo ci restituisce un boato forte che si avverte da molto lontano, quasi come se ci fosse una Curva invisibile da qualche parte, formata da tanti amici e persone care, che canta e gioisce insieme a noi.
Ricorda sfide epiche che hanno fatto la storia contro grandi corazzate come Salernitana, Reggina, Avellino, Catania, Lecce, Perugia, Bari, Palermo, ma anche sfide meno nobili, come contro il Monteiasi, Veglie, Novoli, Muro Leccese, Copertino, Erchie.. sfide degne comunque del nostro rispetto perché ci hanno condotto sin qui, ad essere ciò che siamo oggi.
È una canzone che ci ricorda che quando siamo in Curva Nord chi è al nostro fianco è un fratello rossoazzurro. Per quei 90 minuti lo è.
Al di là dell’estrazione sociale, del credo politico o religioso, della professione, dell’età o del sesso, quando gridiamo a squarcia gola quel nome “Casarano” siamo tutti uguali ed ognuno affida al cielo emozioni e ricordi inconfondibilmente rossoazzurri.
C’è chi in quella canzone rivede la prima volta allo stadio con il padre, c’è chi rivive un amico che non c’è più, chi un ricordo prezioso, c’è chi ripercorre le strade e le piazze della propria città, chi ritrova gli occhi della propria donna.
C’è chi sente l’odore delle polpette di carne della mamma prima di andare allo stadio, c’è chi la maglietta delle serpi riposta con cura nell’armadio, c’è chi sente l’aroma del caffè con l’amico prima della partita, un groviglio di sentimenti difficili da spiegare ma comunque da rispettare profondamente, un mescolio di gesti e rituali, di scaramanzie, di attese e di propositi, fotogrammi di autentica passione.
Nessuno dovrebbe restare seduto, tutti dovremmo essere in piedi a cantare, a gioire, a tirare fuori quell’emozione, perché lo stadio è un contenitore di storie, e non ha senso assistere inerti ad una banale partita di calcio senza sentire l’innato bisogno di tirare fuori la propria storia, di scriverla e riscriverla, all’infinito.
Casarano ha fatto la storia del tifo; ma dietro la parola “Casarano”, dietro quel nome, ci sono centinaia e centinaia di persone che nel corso dei decenni hanno speso il loro tempo, hanno messo impegno e fatica per far brillare forte quei colori, per aggregare, per rendere quella Curva Nord degna di rispetto ed ammirazione.
Un amore incondizionato che non dovrebbe sottostare a nessuna regola, legge, o codice, se non al bene unico della maglia che sosteniamo.
La magia del Capozza è gridare al cielo chi siamo, ricordarlo a noi stessi.
Amare i nostri colori in fondo è amare noi stessi.
Amare noi stessi è tramandare alle future generazioni affidando loro un patrimonio di tradizioni sane e radicate.
Uniti, insieme, sempre.
Forza Casarano!