Lo dice Galileo Galilei: il metodo scientifico non dev’essere solo dimostrabile ma soprattutto replicabile ogni volta che pratichi l’esperimento.
Pertanto, se vuoi trattare il pallone secondo la teoria del peso specifico per cui una squadra vale più di un’altra per il solo fatto di essere composta da atleti con un valore complessivo di mercato superiore questo deve succedere ogni volta che il direttore di gara fa cominciare una partita. Non sempre succede. Non sta succedendo a Casarano.
Ma, se vuoi comprendere veramente la trama di una partita strana e nervosa come Palmese-Casarano, devi scendere nelle profondità del tabellino di gara dove, soprattutto quando vinci, non vai più a spulciare dopo il triplice fischio: un goal annullato (agli avversari), sette cartellini gialli esibiti (potevano essere molti di più per una gustosa rissa in area rosso-azzurra), sette minuti di recupero, una giostra di sostituzioni e 34 gradi centigradi nell’afa del tropico sub-vesuviano.
La teoria resta ma la classifica è là, pronta a smentirla con la miseria di 3 punti frutto di altrettanti pareggi che dimostrano come il calcio, spesso, sia più figlio dell’alchimia che della scienza delle lavagne. È per questo che non si stila la formazione con l’Intelligenza Artificiale ma chiamando uno sciamano che sia, allo stesso tempo, un tattico di comprovata esperienza (e Peppe Laterza lo è) ma anche un guaritore che con prodigiose erbe medicinali possa curare il mal d’anima che affligge attualmente il Casarano. Perché di questo si tratta.
Le serpi non trovano il guizzo istintivo che le faccia risultare letali come piace a noi. Di sicuro a Palma Campania hanno sofferto un crollo verticale dovuto al caldo asfissiante, aspetto che ha ingigantito le opportunità dell’avversario, nonostante i rosso-azzurri fossero schierati con un modulo di gioco meno dispendioso di quello visto finora. A confondere le idee dei tifosi ci ha pensato l’immissione – a partita in corso – del diciottenne Thiandoum che ha cercato di riannodare i fili del centrocampo dimostrando la sua utilità, in fase di raccordo, nelle dinamiche di gioco dei nostri.
Ma purtroppo per noi, i padroni di casa sciamavano da tutte le parti e il Casarano ha finito per brillare soprattutto nei duelli diretti e qui, con tutto il rispetto, pure Galileo Galilei deve tacere perché chiunque ha potuto constatare il divario tecnico-individuale tra le due compagini. Di certo siamo stati meno squadra, nell’accezione di un ipotetico calcio neo-romantico, aspetto che ci ricaccia – come tutte le volte che il Casarano non ingrana – nel Valhalla dei ricordi dei presidenti-guerrieri del passato. È bellissimo ma non può funzionare.
L’esortazione di un bar di chiacchiere può essere solo una: se il problema non fosse esclusivamente tecnico allora dovremmo esercitare ancora il dono della pazienza per evitare di infilarci dentro tunnel psicologici che raccontano incubi indicibili di campionato salvezza. Il fatalismo, dopo quattro partite di campionato, è un’opzione non (ancora) spendibile. Lamentiamoci, facciamo il giusto casino perché siamo casaranesi nell’anima, sosteniamo le nostre teorie ma non dimentichiamo il bene supremo, il simbolo, la maglia, l’appartenenza.